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Martedė 23 Novembre 2010
Gianni Serino

In occasione del seminario "DivertiBasso" della rassegna "Prospettive Musicali Alternative",
abbiamo intervistato un bassista noto e invidiato a livello mondiale: Gianni Serino.

Questa intervista è disponibile anche in lingua inglese, grazie alla preziosa collaborazione di Samuele Ambrosetti.

La magia dei Numeri Primi
Intervista a Gianni Serino

Ciao Gianni, in questa intervista vorremmo parlare con te di Musica, esperienze e obbiettivi. Per fare tutto ciò partiamo dalla tua città, Genova: cosa pensi della sua scena musicale?

Credo ai fantasmi. La scena musicale a Genova è un bel fantasma, praticamente inesistente.
A Genova il musicista prende armi, bagagli, strumento e cerca opportunità altrove, se vuole lavorare seriamente. La mia città sforna musicisti bravissimi, ma certi meccanismi sono più influenzati dalla politica che dalla musica. Ad esempio nella stagione estiva appena conclusa dell’area centrale del Porto Antico, ci sono stati pochissimi spettacoli di alto livello; credo che Genova avrebbe delle possibilità enormi, proprio a livello di business, ma non si fa nulla!
Esiste poi una parte di musicisti, soprattutto ragazzi che agiscono per pura passione, che ha deciso di rimboccarsi le maniche provando a organizzarsi per uscire da questa situazione di stallo: nel tempo hanno ottenuto risultati apprezzabili, ma le cose sono lontane dall’andare come dovrebbero.

Eppure nel comune di Sori (parliamo di un piccolo comune nel levante ligure, a pochissimi chilometri da Genova) prosegue da ben 23 anni il Sori Jazz Festival, evento ricco di nomi importanti della scena internazionale, che però non riusciamo a vedere nel capoluogo..

La Proloco di Sori ha passione per il Jazz e ha deciso di investire periodicamente in questo evento, oramai più che affermato. Così abbiamo potuto ascoltare artisti del calibro di Rilok Gurtu, Randy Brecker, Frank Gambale, Billy Cobham, Emilio Soana, Jeff Berlin, Rodney Holmes, Bill Evans, Omar Hakim, Hiram Bullock, Paul Wertigo, Peter Erskine, Scott Henderson.. e molti altri che hanno reso famosa Sori nel mondo jazzistico grazie alla direzione artistica di Adriano Mondini.

Hai parlato di musicisti per lavoro e musicisti per passione: esiste un punto d’incontro (reale o virtuale) tra queste due categorie? Quale rapporto si instaura tra chi suona per professione e chi invece suona per diletto?

Prima dell’avvento di Internet le due categorie si confrontavano raramente in modo diretto, ciascuna procedeva nella propria direzione. La rete, successivamente, ha contribuito ad arricchire il concetto di relazione tra loro, facendoli incontrare e conoscere.
Se ci pensi, grazie ad Internet in pochi secondi puoi fare il giro del mondo, è incredibile la potenza di questo strumento che, come ogni rivoluzione, produce effetti sia positivi che negativi in base al suo utilizzo.
Ho trovato preoccupante, ad esempio, il tenore di certi forum di discussione in cui venivano espressi pregiudizi negativi (talvolta sfociati in vere e proprie offese) nei confronti dei professionisti e del loro lavoro.
Internet permette di esprimersi liberamente e in modo anonimo: questa possibilità è quindi alla portata di tutti, dal professionista appassionato di comunicazione, al ragazzino di 14 anni impaziente di scrivere la propria opinione senza alcun filtro.

Nella vita reale, invece?

I locali, gli spazi in genere, possono talvolta diventare terreno di incontro e, ahimè, contesa.
Chi suona per hobby avverte la mancanza di spazi in cui esprimersi: da questa esigenza possono nascere situazioni spontanee come centri sociali e circoli di varia associazione.
Chi invece suona per professione incontra sempre più difficoltà legate al fatto che nella relazione con un locale non si debba ragionare con una persona (il gestore) ..bensì la cassa, il ritorno economico della serata.
Per assurdo, un locale potrebbe preferire un gruppo di giovanissimi musicisti inesperti (che addirittura danneggiano l’impianto audio per un utilizzo sbagliato) se questi porteranno molti amici a sentirli: facendo guadagnare economicamente il locale, renderanno la serata “riuscita”, a prescindere dal livello qualitativo della musica suonata.
Fortunatamente, però, quando si deve dar vita a serate più coinvolgenti, divertenti, diverse tra loro in cui intrattenere e far ballare..il gestore del locale deva cambiare strategia per avere successo. In questo caso troverà nei musicisti più esperti la soluzione. Posso citarti ad esempio una band in cui suono da otto anni nello stesso locale dell’entroterra genovese: gli Aria. E’ difficile individuare un’altra formazione così stabile e operativa per altrettanto tempo!

Un altro preconcetto che ho spesso rilevato nei forum è quello secondo cui il musicista che interpreta brani di altri autori abbia meno fantasia o vena creativa, rispetto a chi si cimenta nella composizione di musica propria, a prescindere dalla sua qualità. Qual’ è la tua opinione al riguardo?

Dietro una birra sono tutti Dei (Bach).
I grandi del passato sono stati in grado di creare delle “rotture”, sterzando bruscamente verso nuove direzioni fuori dagli schemi o comunque poco convenzionali. Posso citarti come esempio Beatles, Sex Pistols o i più recenti Nirvana. I membri di questi gruppi, per lo più, non erano musicisti con un percorso di studio sulle spalle A livelli accademici, eppure hanno saputo unirsi tra loro e creare qualcosa di innovativo. Al giorno d’oggi trovo che tutto ciò sia svuotato del suo significato originale. Quello che vedo in taluni approcci musicali, semmai, è la dimostrazione di un forte disimpegno.

Se le serate dal vivo sono carenti come dicevi poche righe sopra, come riesci allora a vivere facendo esclusivamente il musicista? Entra in gioco il sostegno  della famiglia?

Devo molto alla mia famiglia, sotto tanti aspetti.Ti racconto un aneddoto che apparentemente sembrerà marginale ma invece racchiude in sé la forza e la determinazione con la quale è iniziato il mio percorso.
Devo molto ai miei  fratelli Dario e Raffaele: sono loro  che mi hanno  avviato al basso. Quando ero più piccolo, al mattino prima che andassero a lavorare, avevano l’abitudine di lanciarmi delle sfide vere e proprie, del tipo: “Stasera quando torniamo a casa, vogliamo che ci suoni bene questo brano di Miller!”.
Per un lungo periodo, infatti, sono sparito dalla circolazione e le persone chiedevano dove fossi finito: ero in casa a studiare, diverse ore al giorno.
Ritengo che la motivazione sia ancora più importante dello studio, ed è quello che cerco di trasmettere ai miei allievi, in ogni lezione.

Hai parlato del sostegno dei tuoi fratelli, ma spesso lo scoglio più duro da superare è quello dei genitori, che desiderano per i figli un’occupazione fissa e stabile..

I miei genitori sono invece un problema inesistente...Loro si sono sempre preoccupati del mio benessere e non mi hanno mai messo paletti di alcun tipo...non è fortuna ma semplicemente l’amore di un genitore nei confronti del proprio figlio. Direi che gli scogli più duri sono le persone negative che mi girano attorno.

Sono curioso di sapere cosa è per te, il talento?

Il talento è … (si guarda intorno, e prende una lattina in mano) ..  per me è la capacità di vedere in questa lattina “qualcos’altro”.  Vedo il talento come la capacità di cogliere significati e utilizzi non convenzionali in ciò che ci circonda.

Curiosando tra i video dimostrativi che hai pubblicato in rete ho notato che la maggior parte dei commenti e delle visite provengono dall’estero, anziché dall’Italia: come possiamo interpretarlo?

Il concetto di musicista è molto differente all’estero! Nello stivale purtroppo è considerato colui che suona con il cantante famoso, dal nome affermato. Basti pensare a colleghi come Saturnino.. o Allevi: entrambi sono stati lanciati da Jovanotti..

Immagino il tuo dispiacere, forse la rabbia, di fronte a questa considerazione..

Sbagli, invece: non mi tocca assolutamente, me ne frego, continuo a credere in me stesso e nelle cose che faccio in ogni momento.. dal concerto con l’artista famoso, alle serate nei locali suonando cover, alle occasioni in cui faccio le “mie” cose. Ovviamente in quest’ultima attività trovo maggiori possibilità espressive.
Non ho mai scelto di fare il musicista: sono gli altri ad averlo scelto per me.
Io studio e continuo a farlo per il piacere che provo. Non mi pongo il problema degli sbocchi che posso avere, suonando con un artista famoso..altrimenti mi sarei già sparato! E’ quanto dico ai miei allievi: consiglio loro di prepararsi e farsi trovare pronti, nell’eventualità in cui capitasse l’occasione di una vita, senza però farsene una malattia.
E non è finita qui: una volta “dentro” al sistema della musica, bisogna però fare molta attenzione.
Il cantante famoso vuole circondarsi di musicisti seri, preparati..diciamo infallibili, nel senso tecnico ed esecutivo. Al tempo stesso, però, questi musicisti devono fare attenzione a non far percepire al cantante una situazione di competizione, altrimenti il rapporto lavorativo è destinato a finire prematuramente. Occorre quindi trovare un giusto compromesso tra mostrare le proprie capacità ed essere al servizio del cantante.
E’ inoltre importantissimo sviluppare una buona lettura dello spartito, aspetto al quale mi sono dedicato in modo molto determinato: nel tempo e in diverse occasioni sono stato ripagato di questo investimento.

Esistono altri aspetti che ritieni indispensabili per la professione?

Sempre in tema di personaggi dello spettacolo in Italia.. un’altra difficoltà che si potrebbe incontrare è quella di riuscire a comunicare in modo efficace con alcuni di loro a riguardo di alcuni aspetti tecnici.. Chi non ha studiato, infatti, potrebbe formulare richieste in modo singolare, perché sprovvisto di un linguaggio teorico. Memorabile l’occasione in cui mi chiesero: “Potresti avere un suono più gommoso?”.. oppure.. “Questo brano, suonalo alla (cognome di un bassista famoso).”.
L’abilità del musicista professionista deve quindi essere quella di decodificare le richieste di chi vive con la musica a livello superficiale, seppur lavorativo.

Capita, come dal tuo esempio qui sopra, di sentire frasi come “Ah..quel musicista ha un bel suono!” ..o simili. Qual è la tua visione del concetto di suono?

Oddio, che domanda difficile! Come dire.. vedo il suono come un’ampolla, una sfera morbida in cui affondare le dita, che pian piano ti avvolge. La musica è astratta, quindi è difficilissimo risponderti. Nel concetto di suono vedo la ricerca della propria felicità: se questa verrà condivisa dal pubblico, credo che il “suono” abbia trovato la sua conferma definitiva.

La tua musica, quella che produci imbracciando lo strumento anche in posizioni improbabili, è una efficace miscela di musica classica e jazz: quali artisti ti hanno maggiormente influenzato?

Innanzitutto Jaco Pastorius, lo ritengo un comandamento.. poi Stanley Clarke.. tantissimo.. poi ancora Chet Baker (trombettista), Bach e Paganini, un vero genio, che ho potuto apprezzare solo dalle partiture, purtroppo. Attenzione: vedi come il tema della lettura sia ricorrente, in questa intervista?

A proposito di genialità, sapresti spiegare come la tua musica prende forma? Come riesci a improvvisare un brano rinascimentale, pop, funky, jazz, blues.. in tempo reale?

Per me l’improvvisazione non esiste, è tutto già scritto, già nella testa, sono tutti numeri.
Vedo tutto come collegato da numeri già programmati: se tu ora mi dicessi “Fammi una fuga!”.. non avrei problemi, per me è la cosa più semplice del pianeta.
Non è roba mia, non te la so spiegare..ho una mia teoria: l’amore, così come l’accendino che cade in un punto, l’improvvisazione, la casualità… sono tutti numeri programmati, messi bene.
Io la vedo così, in base ai numeri.. numeri primi: Riemman!




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