Acajou, Gandhi's Gunn @ Checkmate Rock Club
DATA: Sabato 6 Marzo 2010
Sabato 6 marzo. Checkmate Rock Club. Serata sponsorizzata dallo storico Vincebus Eruptum Magazine che, a dieci anni dalla sua nascita, torna in attività con un nuovo numero - il nono, in uscita ad aprile - attesissimo ed immancabile per gli amanti di heavy - psych, stoner rock e psichedelia.
Ad aprire la serata ci sono i Gandhi’s Gunn, band genovese che in meno di tre anni è riuscita a farsi conoscere ed apprezzare non solo nella sua città e che ha avuto l’opportunità di suonare di spalla a gruppi come Church of Misery [02.05.2009 @ Milk Club, Genova], Acid King e Suma [04.08.2009 @ Circolo ARCI Magnolia, Milano] e Atomic Bitchwax [15.11.2009 @ United Club, Torino] e di partecipare allo Stoned Hand of Doom - festival stoner doom romano che questo maggio giungerà al suo sesto anno - della scorsa edizione.
I Gandhi’s Gunn sono quattro ragazzi che riescono pienamente a condensare in tracce di pochi minuti lo stoner rock originario, prendendo spunto dalle sonorità anni ’70 più grezze ed heavy. La caratteristica che li contraddistingue dalla maggiorparte delle band di questa scena è l’immediatezza di linee vocali e riff che sorprendono e catturano l’ascoltatore attirandolo a sè e trascinandolo fino all’ultima nota. Questa particolarità è ciò che li rende così abili nel mantenere l’attenzione del pubblico nei live: parti più psichedeliche - come ’A night so long’, brano quasi interamente strumentale - si alternano ad altre più veloci, dirette e corpose. Tutto questo è sostenuto dalla voce di Hobo, graffiante e timbricamente molto interessante ed espressiva. Altro merito: il feeling che permette loro di avere un’ottima presenza scenica. Buona esibizione, quindi, per i Gandhi’s Gunn nonostante l’iniziale incertezza vocale di Hobo.
E’ un concerto di ritorni, questo. Oltre a Vincebus Eruptum Magazine anche gli headliner hanno deciso quest’anno di riunirsi. Si erano sciolti, infatti, dopo una lunga attività iniziata nel 1994 che li ha portati a dividere il palco con Unida, Beaver, Spiritual Beggars e 7 Zuma 7. Ora i padovani Acajou tornano ad esibirsi dal vivo, alle loro spalle spicca lo splendido full lenght ’Latin Lover’: ’Martini Dry Revolution’ è la prima traccia dell’album e anche quella ad aprire il concerto. Entriamo così in un live di classica atmosfera stoner, quello più desertico e acido. Sono, infatti, una band di chiaro stampo kyussiano sia per quanto riguarda la parte cantata, che ne ricorda il leader John Garcia, sia per quella strumentale. Questa influenza si sente particolarmente in ’The Cube’, tratta da ’Good Ones’ la cui linea vocale è degna del Garcia del periodo Slo Burn, ma per fortuna gli Acajou sono dotati di un’originalità oppurtuna a farne un gruppo che non si nasconde tra la massa, ma che emerge e si distingue in modo brillante. Dal vivo rendono sicuramente di più che su disco anche grazie all’egregio lavoro del bassista, molto presente e visivamente coreografico. Tra gli altri brani da segnalare ci sono la travolgente ’Alibi Dancefloor’ e ’Latin Lover’ in cui risaltano le peculiarità di base degli Acajou: molto groove, basso pulsante, una bella chitarra distorta - a volte un po’ troppo satura – ferrata nello sprigionare riff che rimangono in testa a lungo. Esibizione davvero coinvolgente.