Billy Rubino http://www.liveus.it/utente.php?id=237 Billy Rubino it Wed, 03 May 17 18:06:46 +0200 Wed, 03 May 17 18:06:46 +0200 http://www.liveus.it/utente.php?id=237 Copyright: (C) LiveUs.it, http://www.liveus.it/ <![CDATA[ Paolo Benvegnų @ Locomotiv Club (BO) 28/04/17 Live Report ]]>

Paolo Benvegnù è il miglior cantautore in attività in Italia. Ripetiamolo insieme

"Paolo Benvegnù è il miglior cantautore in attività in Italia!" Benissimo.

 

Benvegnù e sodali arrivano stasera al Locomotiv Club di Bologna a presentare il nuovo album "H3+", come di consueto per l’artista un concept album, quantomeno a livello tematico - che parte dall’idea di un esploratore, Victor Neuer, che si scioglie nel tutto e inizia un viaggio nello spazio, privato della corporeità ma ancora in possesso dei suoi ricordi - e come di consueto una raccolta di composizioni struggenti e destabilizzanti ma anche in grado di consolare, che danno l’impressione di capire qualcosa della molteplicità caotica che ci circonda, estraendone in qualche modo la poesia.Fin dai tempi degli Scisma – band di cui era a capo nella seconda metà degli anni novanta – Benvegnù ha dimostrato un talento per melodie raffinate ed eleganti, mai banali, e per testi con una poetica molto personale, che accosta complesso ed elelmentare, contemplazione e azione, infinitamente grande e infinitamente piccolo; è con la carriera solista che il suo talento esplode definitivamente, crescendo di album in album: dall’autoanalisi disperata di Picccoli Fragilissimi Film (L’io) e la carnalità di Le Labbra (L’altro) con le sue divagazioni jazz, al viaggio tra storia dell’umanità e dell’universo della trilogia "delle H" iniziata con Hermann - album teso tra poetica modernista e rilettura in chiave postmoderna della storia dell’uomo - proseguita con Earth Hotel - ricca descrizione della condizione dell’uomo contemporaneo, metaforicamente rappresentata da un’hotel di innumerevoli piani, vrtualmente infinita concatenazione di spazi chiusi - e conclusa con H3+. Insomma, questo per dire che, secondo me, qualche freccia al suo arco ce l’ha.

 

L’opening act è Felpa, al secolo Daniele Carretti, già membro degli Offlaga Disco Pax, che canta accompagnato da basi elettroniche e chitarra pesantemente effettata. La voce fa capolino raramente dal muro di suono prodotto dalla chitarra, ma nei pochi brani in cui è ben udibile mostra un’intonazione non invidiabile e i testi, quando intelligibili, non colpiscono per originalità. La reazione del pubblico è educata ma non calorosa, forse anche perchè la proposta è parecchio distante da quella del protagonista della serata.

 

I Paolo Benvegnù – come lo stesso cantautore dice deve essere chiamata la band – salgono sul palco attorno alle 23 e partono con la prima traccia del nuovo album, Victor Neuer. Non appena iniziano a suonare sul palco si percepisce un’atmosfera di intesa tra i musicisti che dona credibilità a tutti i pezzi eseguiti, anche a quelli musicalmente o liricamente più ambiziosi, che in mano ad esecutori meno coivolti correrrebbero il rischio di passare come troppo oscuri o intellettuali.

Benvegnù è il cerimoniere indiscusso: come cantante ha un controllo totale della sua voce, che con l’età ha acquistato profondità e gli permette di cantare su tonalità basse mantentendo intatta la potenza e rendendo il suo timbro ancora più riconoscibile. Anche a livello di presenza scenica è impressionante: è evidentemente del tutto immerso nella musica, quasi in uno stato di estasi artistica, accompagna l’ingresso degli altri strumenti con gesti visceralmente liturgici delle braccia, sintomo di arrangiamenti costruiti e conosciuti alla perfezione. I comprimari non sono da meno, su tutti il polistrumentista Andra Franchi, alla chitarra, che accompagna Benvegnù dall’inizio della sua esperienza solista, e che a seconda del pezzo fa suonare il suo strumento in modo diverso, aiutato da una nutrita pedaliera, usando slide e pizzicati e facendo esplodere a sprazzi la cultura dell’elettrico che caratterizza la formazione, come nel dirompente finale di "Una Nuova Innocenza" in una verione riarrangiata, distorto e abrasivo ma mai fuori controllo. Il bassista Luca Baldini, anche ai cori, ha un suono caldo e profondo, si destreggia tra fraseggi melodici e solide parti ritmiche,in sintonia con il batterista Ciro Fiorucci, in grado di coniugare la precisione richesta per suonare diversi brani a metronomo (quelli com qualche base preregistrata) e groove sufficiente a non rendere l’esecuzione degli stessi meccanica. Marco Lazzeri alle tastiere, che ha collaborato per la prima volta anche in studio con la band, e quindi probabilmente responsabile dei suoni più elettronici di questo ultimo album, è più esposto rispetto alla tourneè precedente ma regge alla grande la responsabilità alternando arpeggi classicheggianti a suoni di archi tramite l’uso di una Continuum Fingerboard.

La scaletta è incentrata principalmente sull’ultimo album, la cui resa dal vivo è impeccabile, nonostante la quantità piuttosto esigua di date che il tour ha alle spalle, probabilmente anche grazie alla registrazione, avvenuta in presa diretta. Dal passato vengono proposte Suggestionabili, da Piccoli Fragilissimi Film, eseguita in una versione energica spaccamascella, Nello Spazio Profondo e Una Nuova Innocenza da Earth Hotel e Avanzate, Ascoltate e Il Mare è Bellissimo da Hermann.

 

Proprio durante la coda strumentale di quest’ultimo brano, posto in chiusura del set principale, dopo una scaletta di oltre un’ora suonata in maniera intensissima e senza interruzioni, Benvegnù si aggrappa al microfono e, lentamente, cade all’indietro. Gli altri musicisti lo soccorrono immediatamente, lui chiede un bicchiere d’acqua. Il pubblico ammutolisce tutto in un momento, è un’esperienza surreale che non avevo mai provato: tutti insieme, in silenzio, preoccupatissimi. La tensione è viscosa finchè Paolo non parla "Non sono ancora morto!" dice scherzando, ancora in terra, e il pubblico erompe in un’applauso liberatorio. Viene accompagnato nel backstage e dopo qualche minuto ci dicono che Paolo sta meglio ma che per precauzione il concerto finisce lì. Nei giorni successivi ho letto che sono state annullate le prossime date, compresa la partecipazione al Primo Maggio, per prudenza. L’augurio è ovviamente quello di riprendersi al più presto, l’affetto per un artista che riesce a toccare così in profondità chi lo ascolta è tanto.

 

Anche se la serata si è chiusa con questo momento di preoccupazione si è assistito ad un concerto pazzesco, denso di elettricità, lirismo e trascinato dal carisma sciamanico di uno degli artisti più talentuosi che ci sono in giro. Quindi comprate i suoi dischi, ascoltateli di brutto e quando si riprende andatelo a vedere, che il Locomotiv non era neanche pieno.

 

Scaletta:

 

Victor Neuer

Nello Spazio Profondo

Suggestionabili

Goodbye Planet Earth

Olovisione in Parte Terza

Una Nuova Innocenza

Se Questo Sono Io

Quattrocentoquattromila

Boxes

Avanzate, Ascolatate

Slow Parsec Slow

Il Mare è Bellissimo

 

Bis (Non Eseguito)

Andromeda Maria

Io e il Mio Amore

Cerchi Nell’Acqua

Astrobar Sinatra

No Drinks No Food

 

 

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<![CDATA[ Frizzi 2 Fulci @ Locomotiv Club (BO) 22/04/17 - Live Report ]]>

Il modo migliore per iniziare un film è far impiccare un prete in un antico cimitero, questo è chiaro.

Lo sapeva bene Lucio Fulci, regista italiano che nel corso della sua lunga carriera ha toccato quasi tutti i generi del film a basso budget italiano: musicarelli, film di Franco e Ciccio, spaghetti western, postapocalittici alla Mad Max, ma soprattutto gialli e horror, che l'hanno portato ad essere celebrato come uno tra i migliori registi del genere. Pur lavorando sempre con budget risicati e tempi strettissimi Fulci, forte di una tecnica sopraffina e di una creatività imbattuta, è stato in grado di creare pellicole che, nel tempo, sono diventati punti di riferimento assoluti per ogni appassionato di cinema horror.Una della caratteristiche del cineasta è quella di essere in grado di costruire un'atmosfera avvolgente, sospesa tra sogno e raccapriccio, in cui è fondamentale il commento musicale, spesso affidato, nel periodo d'oro del regista, a Fabio Frizzi, protagonista di questa serata al Locomotiv Club di Bologna. Il compositore, autodefinitosi un "mercenario" della musica, dopo le collaborazioni con Fulci e altri registi dell'epoca (Lenzi,Corbucci, Lamberto Bava) ha lavorato con frequenza nella fiction e, dal 2012 , porta in tour il progetto "Frizzi 2 Fulci" con un'orchestra elettrica di otto elementi, che, anche grazie all'onda lunga della rivalutazione del cinema di genere italiano, raccoglie successi in Europa e Nord America.Il concerto è stato presentato dal Freakout Club, uno dei locali con le programmazioni più fitte e interessanti di Bologna, che a causa della capienza limitata sposta i concerti di maggior richiamo al più capiente Locomotiv

Il clichè vuole che l'appassionato di b-movie sia un mezzo sociopatico con una conoscenza capillare del suo genere di riferimento (dall'anno di nascita della scream queen alla presenza sul set di questo o quel resonsabile degli effetti prostetici), e il pubblico di questa serata fa poco per smentirlo: gobbe quasi muschiate, pelate improbabili ma soprattutto, per fortuna, una passione sconfinata che durante il concerto si traduce in una risposta entusiasta del pubblico – non numerosissimo- che interagisce gioiosamente con il compositore per tutta la durata del concerto.

Fabio Frizzi, 66 anni, sembra essere totalmente a suo agio sul palco: si divide tra tastiera, chitarra, voce e direzione, presenta i brani e racconta aneddoti, consapevole di avere innanzi un pubblico preparato che pende dalle sue labbra. Sul palco, oltre al maestro altri sette musicisti (Riccardo Rocchi e Alessandro Errichetti alle chitarre, Alessio Contonrni si occupa tastiera e fiati, Roberto Fasciani al basso, Federico Tacchia batteria e percussioni e Giulietta Zanardi voce), tecnicamente impeccabili e visibilmente divertiti, il cui coinvolgimento contribuisce all'atmosfera intima del concerto.

Il set si apre con una suite che ripropone condensata in circa otto minuti la colonna sonora di "Shark – Rosso nell'oceano", film di Lamberto Bava e non di Fulci, come anche"Blastfighter" la suite che chiuderà il set: la formazione si dimostra rodata e precisa, e i suoni buoni, come quasi sempre al Locomotiv. Dietro i musicisti è proiettato un video con un montaggio le scene del film, soluzione che si ripeterà per quasi tutti i brani contribuendo in maniera determinante alla resa dello show. Dopo il primo brano Frizzi si dichiara orgoglioso di suonare per la prima volta in vita sua a Bologna, sua città natale, e parla del rapporto con l'amico Fulci che descive non sempre facilissimo, a causa del famigerato caratterere del regista, ma profondo e formativo. Il brano successivo è Silver Saddle, colonna sonora dello spaghetti western Sella D'Argento, cantato dallo stesso Frizzi mentre alle sua spalle viene proiettato un pacchianissimo slideshow con foto dello scomparso regista. Durante l'esecuzione della suite di "Manhattan Baby" godiamo del talento vocale della corista Giulietta Zanardi, che durante tutta la performance sembra la più coinvolta del gruppo, sfoderando una mimica lievemente inquietatne in tono con la serata e facendosi trascinare in spontanee coreografie durante i brani più tirati.

Su Sette note in nero Frizzi annuncia la presenza, per la prima volta in assoluto dal vivo, della rediviva Linda Lee, al secolo Rossana Barbieri, cantante vignolese che ha avuto un breve periodo di successo nei tardi anni '70 e che canta il brano "With You" di Vince Tempera (compagno di scorrerie, insieme a Franco Bixio, nelle prime colonne sonore di Frizzi) che compare nei titoli di testa del film. Linda è ancora vocalmente in forma, duetta con Giulietta Zanardi, ed è evidente la ritrovata intesa con il compositore che, come dice, non vedeva da una trentina d'anni. La Barbieri torna sul palco anche per un'altra canzone, "There's No Matter", pezzaccio italo disco dalla carriera di Linda. É la volta della suite di "Zombi 2", uno dei film più amati di Fulci, la risposta del pubblico è entusiasta e raggiunge il parossismo quando, nel finale, viene proiettata la scena dello scontro subacqueo tra uno squalo sdentato e un morto vivente, una delle sequenze più incredibili del cinema tutto. Dalla colonna sonora dello spaghetti western "I Quattro dell'Apocalisse" Frizzi canta tre brani, come racconta ispirati a Knockin on Heaven's Door di Dylan - scritta dal cantautore per "Pat Garret e Billy The Kid", fantastico western crepuscolare diretto da Sam Peckinpah nel '73 – e proposta dallo stesso Fulci come template music durante la fase di montaggio del film.

Frizzi scherza col suo pubblico accenando le prime tre note della composizione successiva, immediatamente riconosciuta da qualche appassionato nelle prime file: "Paura nella città dei morti viventi!". Una delle colonne sonore più riuscite del connubio Frizzi-Fulci, mantiene la sua potenza evocativa anche in sede live: quello che va in parte a perdersi è il fascino sghembo della commistione di strumenti acustici e parti eletteroniche che caratterizza la versione originale. La fase di riarrangiamento a cui sono andati incontro la colonne sonore per essere eseguite dal vivo dona loro una veste più rock, efficace ma meno originale a livello di suoni. Viene poi proposta una selezione di brani scritti negli ultimi anni dal compositore per cortometraggi che, a suo dire, "portano avanti" un modo di fare cinema simile a quello di Fulci, tra cui Saint Frankenstein di Scooter McCrae: il primo parte con un arpeggio al piano molto melodioso ma con una o due note dissonanti che comunicano una leggera inquietudine, davvero efficace; nel complesso le composizioni ci dimostrano che, al netto di qualche autocitazione, Frizzi non ha perso lo smalto e anzi si è evoluto nello stile, senza restare ancorato alle soluzioni che gli hanno dato la maggiore fama. Il set si chiude con "Blastfighter", che nella versione originale ha come tema principale una composizione elettronica adrenalinica, la riscrittura non delude e vede in primo piano il basso di Roberto Fasciani, uno dei musicisti di fiducia di Frizzi per cui, presentando la band, ha parole di stima.

 

Il pubblico richiama subito a gran voce sul palco i musicisti, conscio del fatto che mancano ancora almeno un paio di classici, e la band non si fa attendere. Il primo brano del bis è "Un gatto del cervello", colonna sonora dell'omonimo film del 1990, uno degli ultimi lavori di Fulci, dove recita anche come protagonista nella parte di sè stesso, un regista in fase calante che viene perseguitato dagli stessi orrori che ha messo in scena nella sua carriera. Il brano è uno dei più trascinanti, e forse una di quelle che più hanno guadagnato nell sua veste live. "Cosa manca?" chiede Frizzi, sornione, al pubblico. La risposta non può che essere "L'Aldilà": il film, da molti considerato il capolavoro del regista, splendido delirio teso tra picchi di lirico onirismo e violentissime discese negli orrori della carne, è accompagnato da una soundrack che sostiene perfettamente entrambi i registri. La suite, come annuncia Frizzi, è arricchita dall'esecuzione di un nuovo tema scritto ad hoc per alcuni spettacoli tenuti oltreoceano: una sonorizzazione del film nelle sua versione "composer's cut", con musica ad accompagnare quasi tutta la pellicola, integrando composizioni lasciate fuori dal regista. "L'Aldilà" è la chiusura perfetta per lo show e prevedibilmente una delle più apprezzate dal pubblico, che canta addirittura il lugubre arpeggio di piano, nel film suonato da una delle protagoniste.

 

L'impressione che resta a fine concerto è quello di un'orchestra-rock è coesa e affiatata, sorretta dalle colonne portanti di Fasciani ed Errichetti , rispettivamente basso e chitarra, molto in sintonia con il direttore Frizzi, apparso sinceramente contento di proporre dal vivo questo repertorio e commosso dalla risposta del pubblico. L'atmosfera informale e divertita e la consapevolezza di suonare per un pubblico già conquistato dalle premesse del concerto ha forse tolto un po' di tensione e magia ai brani più atmosferici, perdendo il sentore di pericolo e predestinazione che comunicano durante la visione dei film e alcune scelte in scaletta, come le tre canzoni da "I quattro dell'apocalisse", non certo dei capolavori, sono sembrate un po' autoindulgenti, ma si tratta di peccati veniali nel complesso di una performance soddisfacente, dal sapore della rievocazione collettiva di un cinema e di una musica amati da tutti i presenti e, a vedere l'età eterogenea dei presenti, capaci di suggestionare allo stesso modo generazioni diverse.

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http://www.liveus.it/articolo.php?id=492 Wed, 03 May 17 17:18:20 +0200 http://www.liveus.it/articolo.php?id=492